“ I figli dell’eiaculazione precoce”
Tutti i giorni ognuno di noi rischia di restarci secco, ma in certi di più. Se non sei un incosciente o un ignorante riconosci il rischio. Ed è proprio in questi giorni di incertezza che io, più che mai, poiché ho il tempo e l’angoscia per rifletterci, mi chiedo quale sarebbe il mio ultimo desiderio.
E attacco con i miei piatti prelibati, quelli che adoro: gamberoni alla piastra, zampe di granchio, vongole, telline, uova ripiene con gamberetti. Inutile negarlo, sono una buona forchetta, col pesce poi impazzisco. Impossibile però farne una scelta in quest’ultima mezz’oretta che mi resta al traguardo.
Lo so, dovevo pensarci prima, ma sono stata così presa dai miei pensieri deliranti, paranoici e diabolici senza quei freni inibitori che un tempo possedevo oltre misura, che i desideri sono andati all’Inferno o sono fuggiti al Cielo per farsi perdonare o benedire. Non lo so, e a questo punto, cosa mene faccio di saperlo se tra non molto potrei restarci secca senza rimedio?
Una cosa mi è certa, nessuna delle mie imprecazioni nei mesi passati dopo la comparsa di quel “torsolo di mela” del quale non sono affatto responsabile, era satanica come asseriva mio figlio. Mi si può dir di tutto: lunatica, paranoica, schizzatella… ma satanica??? No! No! E no! Vulcanica! Ecco, sì, vulcanica è il termine giusto: anni e anni di sopportazione cercando di comprimere il fuoco, la lava, i fumi tossici…sì, sicuramente aveva ragione ad insultarmi dicendomi che ero tossica, negativa per la sua vita. E’ il minimo che possa capitare ad una madre che ci tiene ad esserlo quando si rende conto che giorno dopo giorno le stanno rubando, distruggendo la presenza, l’affetto dei figli in una sorta di alienazione parentale studiata a doc: se aprivo le gambe al padre per quei tre secondi che li bastavano per eiaculare, allora ero una mamma da rispettare. Se rifiutavo, potevo anche morire di dolore, a nessuno di loro gliene poteva fregar de meno. Se cercavo di rifarmi una vita con qualcuno era perché andavo pazza per le merde –Mamma, è meglio che stai da sola!- mi ripetevano una e più volte quando si notava lontano dieci kilometri che ero innamorata persa. Finché un giorno mi arrese alle loro richieste. Piantai tutto, casa, lavoro, amici e mi trasferì. A quel punto di me non importò niente a nessuno, bastava che io aprissi regolarmente le gambe per quei tre secondi al padre, così, contento lui, contenti tutti. Ma lui sentiva il confronto maniacalmente ogni volta e pian piano iniziò a punirmi con le sue osservazioni e critiche di cattivo gusto. E ogni mio rifiuto per stanchezza, per noia, per amarezza diventò un tradimento per lui. E i figli? Perfettamente d’accordo e in sintonia col padre.
E ho chiuso ogni comunicazione, bloccato ogni canale che potesse ancora per l’ennesima volta farmi immergere in un fiume di lacrime incontrollato. Che potesse ricordarmi ancora una volta quanto sono stata punita, maltrattata, offesa, abbandonata, ridicolizzata, insultata, bistrattata, soggiogata, obbligata a tacere, a subire, a rinunciare per aver amato alla follia, con quella follia che non danneggia nessuno se non sé stessi, e che crudelmente il torsolo di mela mi ha svelato aprendo ogni lucchetto che con ostinazione, alla pari o peggio di un mulo, tenevo sott’acqua a far arrugginire:
- Ti piace molto leggere, vero mamma?
- Si, molto…
- E’ proprio necessario che tu legga la notte e così tanto? Lo sai, la luce costa, anche se è una lampadina! – mi aggredisce mia figlia di bella mattina.
Capisco che è quel che le ha messo il padre in testa. Non è più una bambina, sa di farmi del male e non me lo risparmia, da quando sono andata a lavorare a Torino, in mia assenza ha preso possesso della mia scrivania, mi ha spogliata di ogni mio avere, anelava prendere il mio posto. L’invidia è proprio una brutta bestia. Dicono però che di solito è la madre ad invidiare inconsciamente le figlie per la loro gioventù, invece a me è capitato proprio il contrario. Così ora, oltre al padre, pure lei mi attacca quando può fino all’ultimo sangue, cercando con mille risorse di scene e pianti nascosti di convincere gli ingenui dei suoi fratelli di quanto sono una pessima madre. Che dire, vorrei sputarle in faccia, mi bastano quei tre secondi che impiega il padre a godere con il suo infimo, distaccato e avaro Ai! Ai! Ai! Ma ingoio ancora e ancora. Da quando siamo separati in casa è un inferno. La mancanza di rispetto nei miei confronti da parte dei miei figli indotta dal loro padre è all’ordine del giorno.
Cerco di non dare ascolto impegnandomi a fare delle cose belle in casa. Ricordo che un giorno in loro assenza ho messo un ordine impeccabile in cucina. Questione di due giorni quel bastardo ha rimesso ogni bacano al suo posto. Nessun merito mi veniva attribuito, solo manchevolezze e difetti. E’ molto facile distruggere una persona, basta ripeterle ogni giorno, ad ogni occasione dai suoi cari quanto sia un disastro e di certo lo diventerà, non abbiate dubbi! Ed ecco che tutte le sere quando arrivo dal lavoro, mi fanno trovare la tavola sparecchiata con la “dimenticata” bottiglia di vino.
Sono ancora troppo giovani, mi dico, poi capiranno.
Ricevo una lettera dopo quindici anni: spero comunque che stai bene, quando sei sobria e non…
Mi è chiaro, il padre è sempre presente. E muore, ecco che oltre ad alcolizzata, buona nulla, sono pure satanica. Non può che essere andato a finire nel più profondo dell’Inferno.
Credevo, speravo che col tempo, non dico che mi chiedessero scusa, ma almeno capissero. Invece no, le cose sono andate di mal in peggio. Loro dormono ancora, io mi son svegliata. E in questi giorni che mi restano da vivere, siano essi tanti o pochi, non concederò a nessuno di loro di ferirmi. Il duello è ancora aperto.
Talvolta mi ossessiona talmente tanto questo loro silenzio autoinflitto che mi convinco di una sorta di machiavellico inganno per non farmi scoprire della loro effettiva morte. Che deficiente è quello a chi è venuta questa brutale idea! Ma pensa davvero che una finta vita mi consoli? Che viva allegra, che non mi torturi la loro assenza sapendoli vivi? E’ mai possibile che una madre non conti più niente perché lo ha detto, lo disse un altro?
-Le vedi queste ciabatte? –urlo con le lacrime agli occhi mentre sto facendo un video – Non mi serve più che tu venga! Ora te ne puoi andare affanculo!- sono le ciabatte per stare in casa che ho comprato per mio figlio due mesi prima pensando che si sarebbe fermato almeno qualche ora nel suo primo ritorno in Italia dopo svariati mesi d’assenza, dopo circa due che ero stata operata.
Parlava di ritrovare la sua amata famiglia. In quel momento, leggendo questi suoi più intimi pensieri che condivideva con me a forma di lettere di un diario, mi convinsi di farne parte, che di certo dopo aver avuto il cancro, non potevo che essere il suo primo pensiero dopo i colloqui di lavoro per cui principalmente era venuto in Italia. Così compero le ciabatte e aspetto impaziente, giorno dopo giorno, ora dopo ora, minuto dopo minuto, ad ogni ring della porta. Di certo mi sta per fare una sorpresa. Così resto zitta, non dico parola, non voglio rovinare quel abbraccio che so di certo nel mio cuore sarà un eterno istante.
E’ ormai domenica, e lo chiamo, si sentirà mica male?
-Mamma, lo sai che hai veramente il dono di renderti scomoda con le tue chiamate nel momento giusto e nel posto giusto? Sto prendendo l’aereo, ci sentiamo quando sono a casa…
-Mah…ti aspettavo…parti già…le ciabatte…scomoda?
-Mamma, sarà per un’altra volta. E’ un periodo che sono troppo stressato, e lo sai, non ti ci mettere anche tu. E poi non te l’ho detto io di andare ad abitare così distante.
-…quaranta minuti di treno in sei mesi sono tanti in confronto alle quaranta ore mensili che ti facevi per scoparti quella puttana di fidanzata che alla fine ti ha dato tanti calci in culo? Quanti viaggi e quanti alberghi a tue spese per due briciole finte d’amore. Hai pure osato dirmi che sono poco saggia per punirmi perché ti avevo sgridato. E tu cosa sei? Intelligente? Te lo dico io cosa sei, un miserabile puttaniere come tuo padre!
Oddio! E’ ora che mi decida, sto per entrare nel tunnel: gamberi? Uova di pesce?
La flebo si apre e sento una sensazione di caldo profondo in ogni mio viscere e membra. Non è un calore umano, ma chimico, quello del mezzo di contrasto, ma che nonostante tutto vorrei condividere, è l’unico che ricevo da tempo. E penso a quei figli ingrati di un padre e marito fallito, al mio ultimo desiderio: checché ne dica imprecazioni sataniche di loro vorrei abbracciarli forte e amorevolmente dal profondo del cuore!
22 Aprile 2022
